sabato 26 giugno 2010

Magnolia: un audace capolavoro


Immenso. Nessun'altra parola probabilmente potrebbe definire in maniera più appropriata l'intenso, prorompente, strabordante Magnolia, terza opera dell'enfant prodige della San Fernando Valley Paul Thomas Anderson. Dopo l'esuberante Boogie Nights (1997), che raccontava con malinconica ironia e una sorprendente umanità il mondo del porno losangelino tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del secolo scorso, nel 1999 il ventinovenne cineasta californiano torna a far parlare di sé firmando un'opera straordinaria, ambiziosa fino ai limiti dell'inverosimile. L'obiettivo è, sull'evidente modello di America Oggi di Robert Altman (1993), quello di raccontare il fatale intrecciarsi delle vite di 12 persone lungo l'arco di un'unica lunga, palpitante e nevrotica giornata. Gli avvenimenti che accadranno in queste tumultuose 24 ore porteranno i loro tormentati protagonisti a fare i conti con il proprio passato, perché, come dicono uno dei personaggi e il narratore esterno del film, “possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi”. E ad Anderson tre (tesissime) ore di narrazione bastano appena a rappresentare un mondo in cui si affacciano violentemente emozioni fortissime, sofferenze indicibili e forse, alla fine, inaspettate redenzioni.

Partendo dall'inevitabile presupposto che parlare con la dovuta profondità ed esaustività di un film ricco e complesso come Magnolia è assolutamente impossibile nello spazio di una recensione, proviamo per prima cosa a riassumere in poche righe l'elaborato intreccio narrativo sapientemente costruito dal talentuoso regista/sceneggiatore nordamericano. Nella San Fernando Valley (Los Angeles) si intrecciano le vite di vari personaggi: Earl Partridge, un produttore televisivo malato terminale (Jason Robards) che, alla fine della sua vita, sente il bisogno di riallacciare i rapporti con il figlio abbandonato da adolescente con la madre morente. Questi (Tom Cruise) è un famoso guru del sesso del tubo catodico che però, dietro l'immagine di una superficiale e ostentata sicurezza, nasconde la sofferenza per l'abbandono del padre. A completare questa famiglia vi è la giovane moglie di Earl, Linda (Julianne Moore), una donna sulla quarantina sposatasi per interesse e che si accorge troppo tardi di amare veramente il marito, tradito più volte nel corso degli anni. E ancora Jim, un poliziotto in cerca d’amore (John C. Reilly), un bambino prodigio sfruttato come fenomeno da baraccone televisivo, un presentatore di un quiz per bambini (Philip Baker Hall), anch'egli malato terminale, che messo sotto scacco dai rimorsi confessa alla moglie di averla più volte tradita e al contempo cerca di ricucire i rapporti con Claudia, la figlia da lui molestata sessualmente anni prima (Melora Walters); per ultimo un ex bambino prodigio (William H. Macy), che vessato dal padre non è riuscito a costruire la propria personalità.


Anderson sin dal grandioso prologo – nel quale vengono narrate tre vicende caratterizzate da incredibili coincidenze – enuncia sottotraccia la fondamentale chiave di lettura del film. Egli sottolinea che qualsiasi avvenimento riguardante un uomo non è estraneo alla storia degli altri; ognuno è legato da una fitta rete di rapporti che lo condiziona sia positivamente che negativamente e nella quale il passato gioca un ruolo fondamentale (si pensi alla frase già citata in apertura di articolo). Quando si considerano le più sfortunate o bizzarre vicende altrui come estranee, si tende a marcare una distanza fra sé e gli altri e a non riconoscere quel filo comune che ci lega nel pathos dell'esistenza. Questo sentimento panico è rappresentato in maniera chiara, geniale ed efficace attraverso una delle sequenze, narrativamente parlando, più significative ed inventive degli anni Novanta: tutti i personaggi principali della pellicola, uno dopo l'altro, cantano alcuni versi della canzone Wise Up di Aimee Mann. La musica sottolinea i paralleli fra la sofferenza dei diversi personaggi, conferendo alla sequenza l’idea di persone disparate che per una volta sono sulla stessa lunghezza d’onda emotiva. Suggerendo al contempo in modo poetico e quanto mai originale che in fondo esiste un legame tra le esistenze e il dolore di ogni essere umano. Come hanno fatto notare diversi critici statunitensi particolarmente accorti, con questa sorprendente fusione tra musica e immagini, che arriva quasi a sfociare nel musical, Anderson riesce mirabilmente a comunicare in soli tre minuti un qualcosa che altrimenti avrebbe richiesto decine di pagine di dialoghi e numerose sequenze.

Ci sarebbero ancora tantissime cose da dire e nel nostro breve intervento abbiamo parlato solo di alcuni dei molteplici temi che, potenti, si irradiano dal sublime universo di Magnolia. Girato e scritto superbamente (diverse sequenze e alcuni scambi dialogici rimarranno nella storia del cinema) e basato su una struttura a incastro di una solidità sbalorditiva, l'opera del 1999 è, per ambizione, coraggio e complessiva forza del linguaggio narrativo-stilistico esibito, senza ombra di dubbio uno dei più importanti film statunitensi degli anni Novanta.

6 commenti:

  1. Sono d'accordo con te, uno dei miei film preferiti!

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  2. Un film per me immenso, come ho già scritto in apertura di recensione, e un punto di riferimento indiscusso per tutti i film corali (ma non solo) che sono stati girati dopo il 1999. Benvenuto nel mio blog!

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  3. Ho trovato solo ora questa recensione, che sottoscrivo al cento per cento. Non amo l'enfasi, ma quell' "immenso" ci sta tutto. Mi sono imbattuta per caso in "Magnolia" anni fa, lo davano in televisione. Da allora l'ho rivisto molte volte, e ogni volta ci scopro cose nuove che non avevo registrato. PTA per sempre. Ciao e grazie anche di tutti gli altri post taggati PTA. Diana

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  4. Ciao Diana, grazie a te. Mi fa sempre molto piacere quando sento di persone che amano "Magnolia" e apprezzano in modo particolare quel grandissimo regista che è Paul Thomas Anderson. Pur non avendo purtroppo a disposizione il tempo che sarebbe necessario ad aggiornare il mio blog con maggiore frequenza e a renderlo così più completo, almeno su PTA e i suoi progetti tento di tenere i miei lettori il più possibile informati.
    Vidi "Magnolia" per la prima volta al cinema a 13 anni e mezzo e mi scosse davvero nel profondo, giocando un ruolo fondamentale nel farmi innamorare della forma espressiva cinematografica.

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  5. "Aronne stese la mano sulle acque d’Egitto e le rane uscirono e coprirono il paese d’Egitto". (Esodo 8;2)

    http://mattax-mattax.blogspot.it/2012/04/magnolia.html

    ciao

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    1. Bello il tuo pezzo su "Magnolia", grazie per averlo condiviso qui sul mio blog. Mi ha colpito la tua frase sul fatto che "Magnolia" è uno di quei capolavori che vanno visti durante la vita, altrimenti si finisce per essere più poveri. Condivido in pieno: è un film che arricchisce e che fa sentire straordinariamente vivi. Semplicemente, in "Magnolia" c'è la vita, in tutte le sue sfumature. Uno dei film più importanti delle ultime due decadi.

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