Ispirato all’omonimo libro-inchiesta
della scrittrice e giornalista milanese Maria Pace Ottieri, dal quale oltre al titolo
riprende poche stimolanti suggestioni legate a situazioni o figure particolari,
Quando
sei nato non puoi più nasconderti di Marco Tullio Giordana venne presentato con un certo successo al Festival
di Cannes del 2005, dove vinse il Premio “François Chalais” (assegnato ogni
anno all’opera che meglio riflette un peculiare aspetto della realtà sociale).
Seguendo una struttura aristotelica rigorosamente scandita in tre atti, il film ricorre all’efficacia del linguaggio classico – sul piano narrativo gioca abilmente con anticipazioni e richiami, alternanze e ripetizioni – per raccontare con sapienza drammaturgica la storia di Sandro (Matteo Gadola), un dodicenne bresciano di famiglia agiata che, partito per una vacanza in barca con il padre (Alessio Boni) e l’amico avvocato Popi (Rodolfo Corsato), cade in mare di notte perdendosi nelle acque del Mediterraneo. Alcune ore più tardi, quando lo avvista un piccolo peschereccio colmo di migranti clandestini e diretto verso l’Italia, un giovane si tuffa prontamente per recuperarlo. Durante il viaggio, che si svolge in condizioni disumane senza acqua, cibo e servizi igienici, Sandro stringe amicizia con Radu (Vlad Alexandru Toma), il ragazzo rumeno che gli ha salvato la vita, e la coetanea Alina (Ester Hazan), con la quale nel corso dello sviluppo diegetico instaura un legame sempre più forte. Entrato all’improvviso in contatto con un mondo di miseria e disperazione che ignorava del tutto, egli inizia a prendere progressivamente coscienza delle condizioni di un intero popolo di immigrati cui in precedenza, per le strade della sua città o nella piccola fabbrica di proprietà del padre, si rapportava senza la sufficiente consapevolezza.
Seguendo una struttura aristotelica rigorosamente scandita in tre atti, il film ricorre all’efficacia del linguaggio classico – sul piano narrativo gioca abilmente con anticipazioni e richiami, alternanze e ripetizioni – per raccontare con sapienza drammaturgica la storia di Sandro (Matteo Gadola), un dodicenne bresciano di famiglia agiata che, partito per una vacanza in barca con il padre (Alessio Boni) e l’amico avvocato Popi (Rodolfo Corsato), cade in mare di notte perdendosi nelle acque del Mediterraneo. Alcune ore più tardi, quando lo avvista un piccolo peschereccio colmo di migranti clandestini e diretto verso l’Italia, un giovane si tuffa prontamente per recuperarlo. Durante il viaggio, che si svolge in condizioni disumane senza acqua, cibo e servizi igienici, Sandro stringe amicizia con Radu (Vlad Alexandru Toma), il ragazzo rumeno che gli ha salvato la vita, e la coetanea Alina (Ester Hazan), con la quale nel corso dello sviluppo diegetico instaura un legame sempre più forte. Entrato all’improvviso in contatto con un mondo di miseria e disperazione che ignorava del tutto, egli inizia a prendere progressivamente coscienza delle condizioni di un intero popolo di immigrati cui in precedenza, per le strade della sua città o nella piccola fabbrica di proprietà del padre, si rapportava senza la sufficiente consapevolezza.
Sceneggiato dallo stesso Giordana (autore
anche del soggetto) in collaborazione con il fido duo composto da Sandro Petraglia e Stefano Rulli, Quando sei nato non puoi più nasconderti
ha il notevole pregio di affrontare la drammatica questione dell’immigrazione
clandestina in Italia rifuggendo qualsivoglia tipo di retorica e, soprattutto,
abbracciando la complessità del contesto. Tutti i personaggi rappresentati, a
partire dai bresciani benestanti sino agli immigrati, passando per i due
scafisti alla guida del peschereccio, sono delineati con ricchezza di sfumature
e una psicologia sfaccettata, per nulla scontata. Spesso il bene e il male non
sono entità marcatamente distinte e Giordana, partendo da questo dato ineludibile,
sceglie saggiamente di limitarsi a mettere in scena eventi (con apprezzabile
forza visiva) e a porre problemi, senza fornire facili risposte o edulcorate soluzioni
narrative dal sapore catartico. Paradigmatico a tal proposito è il suggestivo finale
aperto, con la malinconica sfocatura dell’ultima inquadratura che conduce ai
titoli di coda. Ottime le interpretazioni dell’intero cast, sorprendenti i
giovani esordienti Gadola, Toma e Hazan.
Articolo
precedentemente pubblicato nel numero 8 dei «Quaderni del CSCI» - Rivista annuale
di cinema italiano (2012)
Nessun commento:
Posta un commento