venerdì 13 maggio 2011

"Four Lions" di Chris Morris; "Parked" di Darragh Byrne; "Jack Goes Boating" di Philip Seymour Hoffman; "The Bang Bang Club" di Steven Silver

Ho ritrovato quattro mie brevissime recensioni di alcune delle pellicole più interessanti che ho avuto modo di vedere all’ultimo festival di Torino (26 novembre-4 dicembre 2010). Le avevo scritte così sintetiche perché l’idea iniziale era di proporvi mini-recensioni di tutti i film da me visti durante la rassegna piemontese. Poi, però, non ho più scritto su tutti i film che ho visto ed è andata a finire che alcune delle brevissime recensioni  le ho postate, in alcuni casi ampliandole un po’, in seguito all'uscita dei film nei cinema italiani (vedi Hereafter, Un gelido inverno, Burlesque). Qui sotto potete leggere le piccole recensioni di Four Lions di Chris Morris, Parked di Darragh Byrne, Jack Goes Boating di Philip Seymour Hoffman e The Bang Bang Club di Steven Silver, tutti ancora inediti in Italia. Il primo dei quattro, i cui diritti italiani sono stati acquistati dalla Videa-CDE, uscirà da noi il prossimo 6 giugno.

Four Lions di Chris Morris (UK, 2010)


È possibile, o meglio auspicabile, ironizzare sull’idiozia di un gruppo di inadeguati kamikaze mussulmani che tentano in tutti i modi di fare un attentato a Londra? Forse in questi casi il registro comico è l’unica via davvero percorribile per affrontare argomenti tanto tragici. Chris Morris sembra partire da questa posizione e confeziona una commedia esilarante dal ritmo straordinario. Tanti i momenti memorabili e le battute trascinanti: solo per citarne un paio, l’assurda “tecnica anti-sorveglianza” adottata nella speranza di non essere ripresi dalla telecamere e il frenetico dialogo tra due aspiranti terroristi in cui uno cerca di convincere l’altro ad ascoltare il proprio cuore per poter trovare la forza di farsi esplodere. Di solito questo tipo di pellicole, costruite per far ridere incessantemente per tutta la loro durata, alla lunga perdono in ritmo e vivacità. Four Lions non cade nella trappola e, se si riesce a stare al suo gioco dissacrante, si configura come una delle commedie più sorprendenti degli ultimi anni insieme a Soul Kitchen di Fatih Akin.

Parked di Darragh Byrne (Irlanda/Finlandia, 2010)


Fred vive all’interno della propria macchina in un parcheggio di una cittadina irlandese. Di lui sappiamo solamente che in  passato ha vissuto in Inghilterra e che nel corso della sua vita è passato da un lavoro ad un altro. Un giorno un giovane tossico di nome Cathal si stabilisce nello stesso parcheggio. Ben presto tra loro si crea un forte legame e il disincantato Fred grazie a questo rapporto comincia gradualmente a ritrovare gli stimoli per provare a rifarsi una vita. Lungi da qualsivoglia esercizio retorico, Parked offre uno sguardo sulla vita sincero, commovente e mai banalmente consolatorio. Interpretazione magistrale di Colm Meaney, scrittura raffinata dell’esordiente Ciaran Creagh e una regia misurata e funzionale di un cineasta esordiente, Darragh Byrne, che viene dalla televisione. Ottima risposta europea alla raffinata commedia ironico-malinconica di stampo statunitense, che qui a Torino ha avuto in Jack Goes Boating e Cyrus due esempi di valore. Difficilmente lo vedremo in Italia. Davvero un gran peccato.

Jack Goes Boating di Philip Seymour Hoffman (USA, 2010)


Il grande attore Philip Seymour Hoffman, lanciato dall’amico Paul Thomas Anderson nella seconda metà degli anni Novanta e poi consacratosi agli occhi della critica con l’Oscar ottenuto per l’eccellente interpretazione di Truman Capote nel bio-pic di Bennett Miller, esordisce alla regia con una commedia romantica agrodolce. Il disadattato Jack fa il tassista e può contare solo su un amico-collega (John Ortiz) e sua moglie (Daphne Rubin-Vega). Grazie a loro conoscerà Connie (Amy Ryan) e l’amore finirà per cambiare totalmente la sua monotona vita. Jack Goes Boating  è ben scritto, recitato magnificamente e diretto con una certa maturità. In alcuni momenti si nota qualche tocco stilistico alla Anderson (la macchina da presa che lentamente si avvicina ai personaggi) e in determinati passaggi narrativi la bizzarra storia d’amore tra i due protagonisti rimanda a quella di Ubriaco d’amore. Ottimo esordio di Hoffman, che porta sul grande schermo l’opera teatrale di Robert Glaudini  (qui presente nella veste di sceneggiatore).

The Bang Bang Club di Steven Silver (Sud Africa/Canada, 2010)


Tra il 1990 e il 1994 il Sudafrica è in piena guerra civile. Un gruppo di talentuosi fotoreporter segue i tragici avvenimenti per raccontarli al mondo, ma la loro irrefrenabile pulsione volta a cercare con ostinazione il gesto estetico nell’inferno li metterà a dura prova. Interessante ricostruzione degli aspri scontri che precedettero le elezioni libere in cui poi trionfò Nelson Mandela, The Bang Bang Club propone una stimolante riflessione sull’umana ricerca del bello nella morte e, di conseguenza, sull’attrazione per essa di ognuno di noi. Visti i temi trattati e il peculiare taglio dato ad essi, si ha la sensazione che da questo bel film un grande regista avrebbe potuto tirar fuori un capolavoro.

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