giovedì 9 gennaio 2014

"La prima cosa bella" di Paolo Virzì: la recensione


Bruno Michelucci (Valerio Mastandrea) è un introverso insegnante di un istituto alberghiero insoddisfatto e profondamente insicuro di sé. Trasferitosi ancora giovane a Milano, ha sostanzialmente deciso di chiudere i rapporti con la propria famiglia, nella quale si sentiva soffocato per le ingombranti figure dei genitori. Da una parte un padre rigido, possessivo e violento che ha cacciato di casa moglie e figli (Sergio Albelli), dall’altra una madre bella, espansiva, per molti aspetti ingenua, tuttavia forte e amorevole, costretta a numerosi sacrifici per garantirgli una vita il più possibile serena (Micaela Ramazzotti da giovane, Stefania Sandrelli da anziana).
Bruno non ha mai avuto la forza necessaria per affrontare adeguatamente i problemi legati al proprio traumatico processo di crescita, ma quando la sorella più piccola (Claudia Pandolfi) lo raggiunge a Milano per comunicargli che la loro madre, affetta da tumore, è ormai nella fase terminale, si fa convincere a tornare dopo molti anni nella città natale, quella Livorno dalla quale a suo tempo era fuggito. Ritrovandosi nei luoghi dove è cresciuto e riallacciando i rapporti con la madre morente e la sorella, lasciate sole senza spiegazioni, inizia un malinconico e sofferto viaggio interiore che lo condurrà a rivivere alcuni momenti del proprio passato che aveva vanamente cercato di lasciarsi alle spalle.


Coadiuvato dagli sceneggiatori Francesco Bruni, suo abituale collaboratore, e Francesco Piccolo (My Name is Tanino, 2002; Il caimano, 2006; Giorni e nuvole, 2007; Caos calmo, 2008; Habemus Papam, 2011), entrambi autori con il cineasta livornese tanto del soggetto quanto del raffinato copione, Paolo Virzì al suo nono lungometraggio di finzione dà vita a quella che finora pare la sua opera più matura e intensa. La prima cosa bella (2010), infatti, fonde con abilità fuori dal comune i registri della commedia e del dramma e alterna sistematicamente, con senso del ritmo ed efficacia drammaturgica notevoli, i due differenti piani temporali di riferimento. 
Alimentandosi di continui rimandi tra il presente, in cui Bruno si riavvicina con difficoltà alla madre e alla sorella, e il passato familiare segnato da incomprensioni ed eventi da lui mai davvero elaborati, il lavoro di Virzì si rivela capace di rappresentare in profondità gli sfaccettati rapporti che legano i vari personaggi. A ciò concorrono senz’altro le ispirate interpretazioni di tutti gli attori principali (si pensi in primis a Mastandrea, Ramazzotti e Sandrelli), i quali riescono a dare forma con toccante umanità alle contraddittorie tensioni emotive presenti nella famiglia Michelucci.


Pertanto, anche in virtù di una regia misurata sempre funzionale alle esigenze della diegesi, La prima cosa bella si configura come un vibrante e sincero racconto intimista che fa riflettere con grazia e lucidità sul fondamentale ruolo ricoperto, nello sviluppo della personalità di ogni singolo individuo, dalle complesse dinamiche regolanti i rapporti interni al nucleo familiare di origine.

Articolo pubblicato nel numero 9 dei «Quaderni del CSCI» - Rivista annuale di cinema italiano (2013)

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