mercoledì 6 luglio 2011

"The Road" di John Hillcoat


Tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, The Road venne presentato alla 66a edizione del festival di Venezia, dove ottenne un buon riscontro di critica. Quando qualche anno fa vidi il film all'anteprima veneziana, ero piuttosto curioso di capire fino a che punto il ben poco conosciuto John Hillcoat sarebbe stato in grado di rendere l’universo cupo e post-apocalittico della celebre opera letteraria del 2006 (tradotta in Italia nel 2007 da Einaudi). Il risultato, pur non essendo entusiasmante, è buono e in particolare è molto apprezzabile il crudo realismo con il quale si è deciso di presentare il disperato viaggio on the road,  sullo sfondo di un Nord America deserto e desolato, di un padre (Viggo Mortensen) e di un figlio (Kodi Smit-McPhee) alla affannosa ricerca di un posto sicuro in cui provare a sopravvivere. Come nel libro di McCarthy, non ci è dato sapere cosa abbia ridotto il mondo in queste condizioni (non ci sono animali né piante e l’unica forma di vita rimasta sembra essere l’uomo); potrebbe essere stato un conflitto nucleare, un cataclisma naturale o un particolare virus. In ogni caso, poco importano le cause: ciò che risulta sconvolgente è il modo in cui gli esseri umani hanno reagito alla situazione in cui si sono malauguratamente ritrovati.
   

Il mondo che ci viene descritto è disperante: la maggior parte dei pochi uomini rimasti vivi cercano in tutti i modi di sopravvivere sopraffacendo i propri simili, rubandogli i viveri quando ne sono in possesso o addirittura cibandosi della loro carne. Hillcoat riesce a raccontare questa realtà, a tratti così tragica da risultare persino impensabile, concentrandosi esclusivamente sul racconto del viaggio dei due protagonisti e, di conseguenza, descrivendo ciò che rimane degli Stati Uniti attraverso i loro disillusi occhi. Questa, in particolare, risulta una scelta vincente e il film proficuamente si disinteressa della spettacolarità (nulla a che vedere con la pomposità e l’epicità che emerge dal trailer) per presentare una sorta di possibile, infausto futuro spaccato di vita dell’uomo sul pianeta Terra.


Per il Sogno Americano, insomma, rivolgersi altrove. Un barlume di speranza, in questo funesto sfondo asfissiante e claustrofobico (nonostante il film sia girato in gran parte in esterni), per la verità c’è e prende lievemente ma progressivamente forma nel corso del film attraverso la figura del bambino, il quale nonostante tutto non riesce a rinunciare alla sua istintiva generosità. Molto intenso il finale, che solo in apparenza può sembrare un happy-end.   
Per il 2012 è annunciata l'uscita di The Wettest Country in the World, il nuovo film di Hillcoat attualmente in post-produzione che racconterà la storia di una famiglia di contrabbandieri dell'America del Sud durante la Grande Depressione.

Nessun commento:

Posta un commento