lunedì 19 gennaio 2015

Action Woman. Intervista alla giovanissima regista e fotografa Francesca Marino

Dopo aver di recente girato due interessanti cortometraggi esteticamente molto curati, la ventiquattrenne Francesca Marino ha ideato una spassosa webserie e sogna di girare la sua opera prima con Lorenzo Richelmy.  


Entrata al corso di regia del Centro Sperimentale a soli 20 anni, Francesca Marino si è diplomata pochi mesi fa e, nonostante la giovane età, è già da molto che porta avanti contemporaneamente le sue due grandi passioni, entrambe legate a doppio filo al lavoro sull’immagine: la fotografia e la regia. Se come fotografa è affascinata dalle possibilità espressive insite nei ritratti e realizza in particolare book fotografici per attori, come regista sta iniziando a farsi notare per un particolare sguardo in cui convivono una regia dinamica (che si alimenta di piani sequenza, ralenti e suggestivi avvicinamenti della macchina da presa ai volti degli attori) e una forte componente emotiva che emerge tanto dallo stile quanto dallo sviluppo narrativo.
L’incontro tra dinamicità della messa in scena e attenzione per i rapporti umani – evidente nei cortometraggi Knockout (2013) e L’uomo senza paura (2014) – sembra il tratto distintivo di Francesca, amante del cinema d’azione e di genere ma anche attratta da personaggi oscuri e problematici.

Trovo interessante la tua passione per i piani sequenza e i ciak lunghi. In fondo, rappresentare la dimensione temporale nella sua estensione, è proprio ciò a cui i fotografi non possono aspirare.

Esattamente. In più, uno dei motivi per cui ricorro spesso a questo tipo di ripresa è la mia passione per gli attori. Il piano sequenza o il ciak lungo, oltre a valorizzare un movimento di macchina e a essere una scelta stilistica virtuosa, è anche funzionale ad esaltare le interpretazioni. Per esempio, il piano sequenza de L’uomo senza paura in cui padre e figlio sono in macchina, l’ho proprio pensato come un regalo ai due attori. Nonostante avessi coperto la scena con primi piani, piani a due e inquadrature dall’interno del veicolo, in fase di montaggio ho poi deciso di non proporre alcuno stacco per lasciare spazio alle loro performance. Il piano sequenza di cui vado più fiera, comunque, è quello di Knockout, in cui seguo Lorenzo Richelmy per quasi quattro minuti dall’arrivo al parchetto in motorino, fino alla sua ripartenza.


Sia per il tema trattato che per la struttura narrativa, Knockout mi ha ricordato molto un altro tuo precedente corto, L’incontro.

L’incontro è il mio corto di ammissione al Centro Sperimentale ed effettivamente è costruito in maniera molto simile a Knockout. Dopo aver affrontato con il primo la violenza sulle donne, desideravo raccontare anche la storia di una violenza sessuale subìta da un uomo. Lo spunto per raccontare entrambe le storie nasce dal romanzo di Alice Sebold Amabili resti, ma l’idea di Knockout ha preso vita solo dopo aver letto un articolo in cui si diceva di come la violenza sull’uomo venga accettata in maniera diversa dalla società perché si pensa che i maschi siano capaci di difendersi, e dunque non sarebbero davvero vittime. Mi interessava riflettere sul tema della crisi della virilità e poi naturalmente, dal punto di vista drammaturgico, ho sfruttato il fatto che il protagonista volesse mantenere il segreto sul suo trauma.

Guardando i tuoi lavori, si nota subito una grande attenzione per la messa in scena. L’evidente componente energetica della regia mi ha in alcuni fatto pensare al cinema di Kathryn Bigelow. Quali sono i tuoi registi di riferimento?

Sono molto attratta dal cinema d’azione. Ti potrei fare tanti nomi di registi che mi piacciono ma, da questo punto di vista, uno dei miei preferiti è senz’altro Tony Scott. In particolare, adoro Man on Fire con Denzel Washington e Dakota Fanning. Sogno di girare un action movie, ma sono consapevole che in Italia è difficile trovare i soldi per farlo bene e allora, più realisticamente, punto a un cinema di genere. È curioso che citi proprio Kathryn Bigelow, perché in effetti Daniele Luchetti, il mio insegnante del Centro, una volta mi disse che avevo un modo di girare simile al suo. In particolare, della Bigelow mi piace tantissimo l’utilizzo dello zoom, una figura stilistica molto poco sfruttata in Italia.


Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il mio principale obiettivo è quello di esordire il prima possibile nel lungometraggio. Ho un trattamento che è stato da poco sottoposto all’attenzione di diverse produzioni, tra cui anche la Rai. Per ora preferisco non svelare la storia del film, così come il titolo. Posso dire però che si tratta di una storia romantica inserita all’interno di una cornice thriller dalle atmosfere hitchcockiane. Come tono, mi sono ispirata al giallo svedese e al modo in cui in questo tipo di romanzi il genere viene utilizzato per far riflettere su molti altri temi. Il trattamento l’ho fatto leggere a Lorenzo Richelmy, con il quale oltre che per Knockout ho collaborato anche per diversi servizi fotografici. Il progetto gli è piaciuto molto e gli piacerebbe farne parte. Certo, sempre che il film si riesca a fare, c’è anche da considerare che la carriera di Lorenzo è in un momento di svolta e credo che lui debba ancora decidere con che cosa ricominciare in Italia dopo la straordinaria avventura del Marco Polo.

Oltre alla tua opera prima, stai lavorando a qualcos’altro?

Sì, nel frattempo ho girato due puntate pilota di Unisex, una webserie che non ha nulla a che vedere con Knockout, L’uomo senza paura o L’incontro. Il registro è quello della commedia ed è tutta strutturata sotto forma di interviste a diversi personaggi, intervallate da scenette che mostrano quanto viene detto. C’è il timido, il sensibile, il palestrato, la romantica, la femminista, e così via. Ognuno di loro affronta temi che in un certo senso permettono al mondo maschile e a quello femminile di incontrarsi. Tra gli altri, ad esempio, ci sono un episodio dedicato alla tecniche per toccare le tette alle ragazze senza rischiare di essere presi a schiaffi e un altro che propone strategie di pedinamento per scoprire se un uomo ti sta tradendo. Ho proposto la webserie a Rai Fiction e sono in attesa di una risposta. La mia intenzione è quella di trovare una produzione che acquisti il format, oppure paghi lo sviluppo o la distribuzione. Se non dovessi riuscirci, proverei comunque a fare tutto da sola, perché credo nell’idea e la trovo molto divertente.

Articolo pubblicato nel numero 8 di Fabrique du Cinéma (Inverno 2014)

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