Sono iniziate da pochi giorni le riprese del nuovo film di Francesca Comencini, ispirato al recente romanzo di Claudio Bigagli Il Cielo con un dito e dal titolo provvisorio Gina. Colgo dunque l'occasione per proporvi la recensione, che scrissi all'epoca della presentazione al festival di Venezia del 2009, de Lo spazio bianco: un buon
film che, a dispetto di quanto qualche scettico avesse potuto preventivamente pensare, non sfigurò nell’ambito del concorso della più prestigiosa kermesse
cinematografica italiana. Pur essendo piuttosto scontata nel suo sviluppo
narrativo, infatti, l’opera di Francesca Comencini (Mi piace lavorare - Mobbing,
A
casa nostra, In fabbrica) si distingue per come
riesce a rappresentare con essenzialità ed efficacia l’amara vita di una donna
non più giovane e alle prese, da sola, con una gravidanza inaspettata.
Sullo sfondo di una Napoli bellissima ma in cui l’ombra della malavita è sempre presente, l’insegnante di scuola serale Maria (Margherita Buy) viene da una vicenda sentimentale conclusasi male. Dopo aver conosciuto un uomo al cinema, se ne innamora e rimane incinta. Lui, una volta appreso della gravidanza, non vuole saperne del figlio e scompare dalla vita della donna, la quale in ogni caso decide di non rinunciare alla possibilità di divenire madre, pensando di cogliere questa occasione per ricominciare una nuova vita. Il bambino però nasce prematuro, addirittura di sei mesi.
Sullo sfondo di una Napoli bellissima ma in cui l’ombra della malavita è sempre presente, l’insegnante di scuola serale Maria (Margherita Buy) viene da una vicenda sentimentale conclusasi male. Dopo aver conosciuto un uomo al cinema, se ne innamora e rimane incinta. Lui, una volta appreso della gravidanza, non vuole saperne del figlio e scompare dalla vita della donna, la quale in ogni caso decide di non rinunciare alla possibilità di divenire madre, pensando di cogliere questa occasione per ricominciare una nuova vita. Il bambino però nasce prematuro, addirittura di sei mesi.
Lo spazio bianco racconta la straziante attesa di una madre che per
due mesi aspetta di capire se sua figlia sarà destinata a vivere o a morire,
non potendo in alcun modo avere in merito rassicurazioni dai medici. La
descrizione di questa vita malinconica e solitaria, cui solo la maternità può
dare una svolta decisiva, è molto interessante e portata avanti con uno stile sobrio
e funzionale, accompagnato da un particolare uso delle musiche, tutte o quasi
al femminile (Cat Power, Nina Simone, Ella Fitzgerald), che si fondono con le immagini in modo particolarmente
felice.
Il bel titolo del film fa riferimento
sia ad una frase che la protagonista rivolge ad un suo allievo in difficoltà durante
gli esami, sia alla bianchissima sala dell’ospedale in cui sono ospitati,
all’interno delle incubatrici, i bambini prematuri. Notevole la fotografia
tendente al bianco di Luca Bigazzi,
negli ultimi anni collaboratore abituale, oltre che della Comencini, anche di Paolo Sorrentino e Gianni Amelio (escluso
il recente Il primo uomo).
Pubblicato in una versione leggermente differente, all’epoca della
presentazione alla 66a edizione del festival di Venezia, su
cinemartmagazine
Film che fa pensare. Margherita Buy è bravissima.
RispondiEliminaDevo imperitura riconoscenza a valeaparigi che me lo segnalò per prima
Buon film senza dubbio, d'accordissimo con te su Margherita Buy, che qui ha fornito una delle migliori prove della sua carriera.
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