Dopo la proiezione di ieri sera del
brioso e a tratti molto divertente L’arbitro,
lungometraggio d’esordio del quarantunenne Paolo Zucca interpretato da Stefano
Accorsi, Geppi Cucciari e Francesco Pannofino, stamattina è stato presentato
alla stampa l’attesissimo film d’apertura fuori concorso di Alfonso Cuarón, quel Gravity
di cui vi avevo scritto giusto una settimana fa mostrandovi i quattro suggestivi trailer. Passati sette anni da I figli degli uomini (2006), con questa nuova opera di finzione il cineasta di Y
tu mamá también (2001) e Harry Potter
e il prigioniero di Azkaban (2004) conferma in pieno il suo talento
visivo e le proprie indiscutibili capacità nella costruzione della messa in scena.
Attraverso uno stile che si alimenta di virtuosi long takes e di alcune soggettive molto affascinanti, Cuarón trascina con forza lo spettatore al centro delle molteplici disavventure dei due astronauti Matt Kovalsky (George Clooney) e Ryan Stone (Sandra Bullock), la cui missione di routine nello spazio si trasforma in un vero e proprio incubo quando una gran quantità di detriti di numerosi satelliti si abbatte sul loro shuttle.
Attraverso uno stile che si alimenta di virtuosi long takes e di alcune soggettive molto affascinanti, Cuarón trascina con forza lo spettatore al centro delle molteplici disavventure dei due astronauti Matt Kovalsky (George Clooney) e Ryan Stone (Sandra Bullock), la cui missione di routine nello spazio si trasforma in un vero e proprio incubo quando una gran quantità di detriti di numerosi satelliti si abbatte sul loro shuttle.
Soprattutto nella prima abbondante metà del film, grazie a una regia sapiente e di notevole efficacia, viene costruita con grande abilità un'atmosfera di tensione costante. In tale contesto il 3D, con il senso di profondità che comporta, risulta assai funzionale alla rappresentazione dello spazio profondo, al contempo inquietante e meraviglioso, in cui i due protagonisti alla deriva si ritrovano immersi.
Il punto debole di Gravity risiede però nella sceneggiatura, scritta a quattro mani dallo stesso Cuarón insieme al trentunenne figlio Jonás. Nell’ultima mezz’ora in particolare, infatti, alcune battute retoriche e fuori luogo affidate al medico ingegnere Stone e almeno un paio di passaggi narrativi poco convincenti, fanno sì che nel complesso il film non si possa considerare del tutto riuscito. Ed è davvero un peccato perché, con una sceneggiatura all’altezza della componente visivo-spettacolare, Gravity sarebbe stato davvero un ottimo film di genere.
Anche questo link che parla di questo film, se vi può interessare.
RispondiEliminaBuona lettura
http://edeaimage.blogspot.it/2015/03/film-vs-videogame.html