martedì 15 marzo 2011

"Il giardino di limoni" di Eran Riklis


Confine tra Cisgiordania e Israele ai giorni nostri. Salma Zidane è una donna palestinese che da anni vive grazie al suo bellissimo e prolifico giardino di limoni. Un giorno apprende di avere un nuovo inaspettato vicino di casa: al di là del confine, a pochi metri dalla dimora in cui abita la sua famiglia da decenni, si stabilisce il neo-Ministro della Difesa israeliano Navon con l'affascinante moglie Mira, al cui seguito si mobilita un gran numero di soldati dell'esercito e di guardie del corpo. Ben presto il giardino dei limoni verrà visto dall'entourage del ministro come una potenziale minaccia, e si converrà di optare per l'abbattimento in cambio di una misera ricompensa a carico dello stato israeliano. Oltre ad essere la sua unica fonte di sostentamento, però, il giardino rappresenta per Salma un incalcolabile patrimonio affettivo: rimasta sola in seguito alla morte del marito e alla crescita dei tre figli, il giardino è infatti tutta la sua vita. Aiutata da un giovane ambizioso avvocato, decide così di ricorrere in tribunale nella speranza di evitarne l’abbattimento. Da qui parte Il giardino di limoni (Etz Limon) di Eran Riklis, presentato in molti festival europei nel 2008, tra cui quello di Torino, e vincitore del premio del pubblico al festival di Berlino.


La scelta di raccontare la tragedia del conflitto israelo-palestinese concentrandosi su una disputa riguardante un giardino di limoni è indubbiamente bizzarra e già rende conto del registro ironico che sottende la pellicola di Riklis, il quale riesce abilmente a mescolare i registri della commedia e della tragedia. A proposito degli elementi ironici presenti nel film, si pensi soprattutto all'indugiare della macchina da presa nel riprendere la foto del volto del compianto marito di Salma, ritratto in un'espressione buffa ed improbabile. Riklis ci propone la stessa inquadratura dedicata a questa foto appesa ad un muro per almeno quattro volte, quasi a voler spezzare a tutti i costi il ritmo della tragedia che va delineandosi sullo sfondo. Un tocco evidente di ironia si ritrova anche nella descrizione della logica sottendente il mondo dei media, quando a seguito di alcune dichiarazioni della moglie del ministro che vanno nella direzione della tolleranza, scoppia sotto il segno degli equivoci il “caso internazionale” del giardino dei limoni. Persino il governo di Oslo (!) a questo punto si schiererà pubblicamente, davanti alle telecamere dei telegiornali, a favore di Salma e della sua strenua lotta.


Molto interessante è come il film sia più o meno sotterraneamente fondato sul rapporto tra i  due personaggi femminili, la palestinese Salma e l'israeliana Mira: un vero e proprio incontro, più volte sfiorato, forse non avverrà mai, ma tra di loro c'è una evidente sintonia. E Mira sembra l'unica israeliana a preoccuparsi delle gravissime conseguenze che avrebbe nella vita di Salma l'abbattimento del giardino. Nella prima parte del film, nel presentare le differenze e i contrasti tra gli stili di vita delle due, il regista gioca molto sui lineamenti dei loro volti: la facilità nel sorridere di Mira si contrappone al volto duro e segnato dalla fatica, mai sorridente, di Salma. La situazione con lo sviluppo del film però evolverà e si avvertirà che le due donne in fondo si trovano sulla stessa lunghezza d'onda emotiva. Nell’opera di Riklis, in fondo, l'unica speranza di cambiamento nel perenne scontro tra israeliani e palestinesi è incarnata dalle due figure femminili.


Un accenno doveroso alla bellissima sequenza finale, nella quale mediante il fluido movimento di un dolly si oltrepassa il confine israeliano, ormai separato da un imponente muro di cemento: sapientemente giocato in bilico tra registro ironico e tragico, il film in chiusura si sbilancia inequivocabilmente, e in modo poetico, verso uno dei due registri. Da non perdere.

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