Con molto ritardo, posto la mia sintetica recensione de Il discorso del re, pronta da poco dopo l’uscita del film nelle sale e rimasta poi nei recessi di una cartella del mio computer per quasi tre mesi.
L’opera di Tom Hooper racconta con invidiabile rigore formale la storia di re Giorgio VI, riuscendo a rendere interessante la vicenda del secondogenito balbuziente di Giorgio V, trovatosi all’improvviso a dover sostituire il fratello maggiore sul trono dell’Impero Britannico. Per le due ore scarse di narrazione non succede quasi nulla, oltre ai perseveranti e sofferti tentativi del re atti a superare l’ingombrante problema della balbuzie. Fino al picco emotivo che coincide con il discorso del re (da qui, per l'appunto, il titolo del film) al popolo del 3 settembre 1939, giorno dell’entrata in guerra della Gran Bretagna contro la Germania di Hitler.
La regia del cineasta londinese (lo stesso de Il maledetto United e dell’inedito in Italia Red Dust con Hillary Swank) è solida e sempre classicamente funzionale alle azioni dei personaggi principali. Per quanto al film avrebbe forse giovato un maggior lavoro di scavo nel passato del protagonista, così da spiegare in maniera più accurata le origini del suo problema sul piano psicoanalitico, Il discorso del re fa sapientemente leva sulle straordinarie interpretazioni dei due attori principali (di fronte alla eccezionale prova dell’osannato Colin Firth, vincitore dell’Oscar, non sfigura certo il bizzarro logopedista Geoffrey Rush) e su una notevole ricostruzione d’epoca. Le statuette per il miglior film e la miglior regia sono però davvero eccessive per questo elegante ma non memorabile character study. Come spesso accade, l’Academy ha ancora una volta dimostrato di essere attratta da storie commoventi messe in scena nella maniera più tradizionale e quindi, in qualche modo, da film “rassicuranti”. Se si fosse dovuta premiare l’audacia stilistica, si sarebbe dovuto optare senza dubbio per Il cigno nero di Darren Aronofsky, di certo uno dei film più significativi usciti al cinema nell’ultimo anno.
Il film in sè è carino anche se può risultare eccessivamente "piatto", ma una cosa è certa, qui Colin Firth recita da Dio(Oscar scontato direi)
RispondiEliminaSì, concordo con te sulla eccessiva "piattezza". Io la intendo soprattutto considerando che in fin dei conti la figura del re e della sua famiglia non è approfondita tantissimo (a proposito ciò scrivevo del mancato scavo psicologico), nonostante il film poi si incentri fondamentalmente solo su questo. Straordinario Colin Firth ... ma anche Geoffrey Rush offre una gran prova!
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