giovedì 4 agosto 2011

"Funny People" di Judd Apatow


Che il terzo lungometraggio di Judd Apatow (40 anni vergine, Molto incinta) fosse particolarmente ambizioso, si intuiva già dalla durata e dal cast coinvolto: non capita tutti i giorni, infatti, di vedere un film – sulla carta una commedia  – di 145 minuti e che riunisce attori comici come Adam Sandler, Seth Rogen e Jonah Hill con interpreti perlopiù drammatici come Eric Bana o legati a doppio filo al movimento indie come Jason Schwartzman.
George Simmons (Adam Sandler) è un comico molto celebre che si ritrova all’improvviso a fare i conti con il proprio grave stato di salute. Questa sua condizione lo porterà a riconsiderare la propria vita e, di conseguenza, i rapporti con le persone che hanno avuto un ruolo importante nel suo percorso di crescita. Cercherà quindi di riparare a quelli che considera gli errori commessi in passato e, nel frattempo, incontrerà dei giovani ragazzi aspiranti comici, stringendo amicizia in particolare con il talentuoso Ira (Seth Rogen).


Se Apatow si dimostra abile nel cambiare più volte in corsa registro, tono e ritmo (la struttura del film è fondata sulla classica tripartizione aristotelica: inizio-sviluppo-conclusione), Adam Sandler è quanto mai a suo agio nell'interpretare il personaggio di un cabarettista di grande fama depresso, in crisi e che vede la propria sfarzosa e opulenta vita fatta di routine e successo scivolargli via. L'attore newyorchese mostra per la seconda volta, dopo la straordinaria prova in Ubriaco d'amore di Paul Thomas Anderson, di essere un grande attore e di avere, oltre ad un notevole potenziale comico, attitudini drammatiche fuori dal comune. Tant'è vero che in Funny People la sua maschera malinconica, sospesa tra tragedia e ironia, fa pensare a tratti al Bill Murray di Lost in Translation, Broken Flowers e Le avventure acquatiche di Steve Zissou. E non ci sorprenderemmo se con l'avanzare dell'età la carriera di Sandler virasse in una direzione simile: le qualità attoriali ci sono tutte. Nel film di Anderson del 2002 (il cineasta losangelino è presente nei credits tra i ringraziamenti speciali ed è entrato qualche volta in sala di montaggio aiutando Apatow a prendere alcune decisioni), Sandler giocava sul filo che corre tra dramma e bizzarria, realtà e onirismo; qui invece si muove a cavallo tra toni comici e drammatici con invidiabile scioltezza, e il suo caso non sembrerebbe far altro che confermare il noto detto secondo cui un grande attore comico non può che essere, potenzialmente, anche un ottimo attore drammatico.


Forse al film manca nei momenti drammatico-malinconici quell'intensità di cui i grandi autori sono capaci e che avrebbe conferito alla pellicola maggiore spessore e profondità: l'impressione è che il plot di un comico abituato a far ridere costretto ad affrontare lo spettro della morte, avrebbe potuto portare ad un grandissimo film. Non è questo il caso, ma Funny People è ad ogni modo un'opera molto interessante, anche e soprattutto per lo spaccato degli Stati Uniti che propone sottotraccia e per la malinconia e la sincerità con cui vengono delineati i rapporti tra i personaggi. Da vedere.

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