giovedì 19 maggio 2011

Malick, il festival di Cannes e "The Tree of Life"


Questa settimana cinematografica è indubbiamente la settimana di The Tree of Life (qui potete leggere la mia recensione), un progetto ambiziosissimo in parte pensato già a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo dall'eccentrico Malick. Figlio di un ricco manager di un'azienda petrolifera, il nostro si è laureato in filosofia ad Harvard, ha abbandonato prima del termine un assai prestigioso dottorato ad Oxford causa incomprensioni con il tutor, ha realizzato soli cinque film in trentotto anni, non ama essere fotografato e non rilascia una intervista dal 1973. 
Chi scrive ha avuto la fortuna di partecipare all'eccezione che in tutti questi anni ha confermato la regola della ossessiva riservatezza malickiana: al festival di Roma del 2007 il regista accettò di partecipare ad un incontro con il pubblico, nel quale però si rifiutò di parlare del proprio cinema, concentrandosi sul cinema italiano e in particolare la figura attoriale di Totò, che, se la memoria non mi inganna, affermò essere uno dei più grandi attori comici cinematografici di tutti i tempi.
La settimana di The Tree of Life si concluderà domenica con l'atteso verdetto del festival di Cannes. E la sensazione è che la giuria composta dal presidente Robert De Niro e da Uma Thurman, Jude Law, Olivier Assayas, Martina Gusman, Nansun Shi, Linn Ullman, Mahmat-Saleh Haroun e Johnnie To, per quanto quest'anno il livello dei film in concorso sembra essere altissimo, difficilmente potrà ignorare questo straordinario, inventivo, ammaliante e poetico film che rappresenta un'esperienza davvero unica nella storia del cinema.


In genere non vedo di buon occhio la scelta di alcuni quotidiani di far scrivere di cinema a giornalisti anche molto bravi, ma che certo non hanno una formazione di studi cinematografici. La recensione di martedì 17 maggio di Curzio Maltese su La Repubblica, però, è sicuramente una delle cose più interessanti scritte a proposito del film di Malick sulla carta stampata. In conclusione del mio breve articolo, vi posto un passaggio di Maltese che secondo me riesce a cogliere e ad esprimere molto bene e con apprezzabile sintesi la profondità e la grandezza del film:
"L'opinione di chi scrive è che The Tree of Life sia il più straordinario dei film visti in concorso, ma anche un capolavoro contenuto e quasi improgionato in una crisi mistica di arduo fascino. Nell'essenza del racconto centrale, il film è un Amarcord texano di rara poesia, una delle più potenti storie sulla famiglia raccontate al cinema in questi anni [...]. Il ritorno alla famiglia come nucleo simbolico del mondo è il tema del cinema visto fin qui. Ma nessuno era mai riuscito come Malick ad allargare il simbolo a dismisura e allo stesso tempo a schiudere semplicemente la porta di una casa e di altre vite per far entrare lo spettatore nell'intimo profondo di tutte le relazioni familiari, il rapporto col padre, l'amore materno, la fratellanza. Quando l'arte è capace di tanto, bisogna smettere perfino di parlare di cinema o musica o pittura: diventa un'esperienza di vita"  (corsivo mio, per la recensione completa clicca qui).

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