È notizia di qualche giorno fa che Darren Aronofsky sarà il presidente della giuria della 68a edizione del festival di Venezia, che si svolgerà dal 31 agosto al 10 settembre. Per le indiscrezioni sui possibili film che entreranno a far parte del concorso è ancora presto, ma l'annuncio della Biennale è già una grande notizia. Il quarantaduenne cineasta di Brooklyn dopo Pigreco (1998), Requiem for a Dream (2000), The Fountain (2006, il suo film meno convincente, ma comunque ambizioso, emozionante ed esteticamente suggestivo) e The Wrestler (2008, Leonde d'Oro al festival di Venezia del 2008), con il potentissimo e disturbante Il Cigno Nero è riuscito persino a conquistare, per la prima volta nella sua carriera, il botteghino. Il film che tre mesi fa ha fruttato l'Oscar a Natalie Portman, infatti, cupo e ansiogeno, ha inaspettatamente guadagnato 294 milioni di dollari in tutto il mondo, a fronte dei 13 milioni dei costi di produzione. Questo strepitoso successo ha permesso ad Aronofsky di non onorare l'accordo precedentemente stipulato con la Fox (produttrice e distributrice de Il Cingo nero), che lo aveva ingaggiato per dirigere il sequel di Wolverine con Hugh Jackman.
Dopo un percorso autoriale così definito, siamo convinti che l'approdo al blockbuster non avrebbe giovato alla carriera artistica del cineasta newyorchese, conducendolo inevitabilmente ad un numero troppo consistente di compromessi con l'industria (c'era chi aspettava con ansia un Wolverine di Aronofsky pensando ai risultati ottenuti da Nolan con i suoi due Batman, ma secondo me in questo tipo di operazione i rischi erano più alti dei possibili vantaggi). Libero dai vincoli legati al franchise di Wolverine, il nostro si sta già dedicando al suo prossimo progetto, Machine Man, dato in uscita per il 2012. Del film non si sa molto, anche se è tratto da un racconto di Max Barry che ha riscosso molto successo, pubblicato quotidianamente sul sito dello scrittore americano negli scorsi mesi, una pagina al giorno. Secondo quanto riporta Imdb, il film si incentrerà su un ingegnere che utilizza il titanio per creare protesi del proprio corpo (l'atmosfera ha più di qualcosa di cronenberghiano) e che si ritrova braccato da misteriose figure che vogliono impadronirsi delle sue invenzioni. Machine Man sarà sceneggiato da Mark Heyman, uno dei due sceneggiatori de Il Cigno nero.
Del talento di Aronofsky, dopo Il cigno nero, si stanno accorgendo un po' tutti (chi scrive sostiene il regista sin dai tempi di Requiem for a Dream): nel numero di febbraio, l'autorevole rivista francese di cinema Cahiers du Cinéma ha dedicato la copertina al suo ultimo film chiedendosi esplicitamente se si possa considerarlo il leader della nuova generazione di filmmakers contemporanei. Come ho già scritto più volte in questo blog e in altre sedi, a mio avviso il più importante regista della nuova generazione di quarantenni è Paul Thomas Anderson (il quale, per inciso, sembra finalmente aver trovato i finanziamenti per The Master, il tanto ostacolato film che si ispira alla controversa setta di Scientology, e per l'adattamento cinematografico dell'ultima fatica letteraria di Thomas Pynchon, Vizio di forma). Subito dopo, però, c'è Darren Aronofsky, a testimonianza delle notevoli forza e vivacità di una parte del cinema americano contemporaneo.
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